domenica 22 febbraio 2015

UNA DEFINIZIONE DI BENESSERE SOGGETTIVO





Le ricerche riguardanti il benessere soggettivo hanno generato nel corso degli anni una certa confusione nella definizione di questo costrutto. Tale confusione è da imputare al fatto che differenti psicologi hanno affrontato lo studio del benessere soggettivo secondo metodologie e quadri di riferimento teorici appartenenti a diversi ambiti disciplinari impiegando termini come “soddisfazione” e “felicità”.

Cummis e Cahill nel 2000 definiscono uno schema di riferimento al termine più generale BENESSERE SOGGETTIVO, che risulta da una combinazione di processi cognitivi (soddisfazione/insoddisfazione della propria vita) e di processi affettivi (emozioni piacevoli o positive, emozioni spiacevoli o negative).

Attualmente vi è un crescente consenso tra gli studiosi nell’aderire a questa visione del benessere soggettivo, che si riferisce quindi ad uno stato mentale complessivo e durevole che comprende la soddisfazione per la propria vita , la presenza o preponderanza di stati emotivi positivi e l’assenza o la scarsa presenza di stati emotivi negativi.

Ancora una volta ci troviamo quindi a parlare di uno stato mentale soggettivo e interno all’individuo, comprendente aspetti positivi e non solo l’assenza di aspetti negativi come appare nella maggior parte delle misure di salute mentale.
In particolare con soggettivo si vuole intendere che tutte le componenti “oggettive” (esterne all’individuo) del benessere come la salute, le risorse personali, la ricchezza, il lavoro ecc non sono necessarie ad una definizione di benessere personale anche se possono influenzarlo.

Il ruolo delle componenti oggettive del benessere soggettivo non è quindi fondamentale ai fini di una definizione, tuttavia è interessante scoprire come alcune di queste componenti influenzino il benessere personale.

Attraverso l’analisi di alcune ricerche condotte in svariati paesi del mondo tratteremo in  post dedicati i metodi più utilizzati per misurare negli individui il benessere personale e l’influenza che hanno alcune variabili oggettive come il reddito su tale stato mentale.



Umorismo e benessere psicologico






Se avete guardato il video è molto difficile che questo non abbia suscitato in voi almeno una risata. Vi siete dimostrati individui in grado di apprezzare l’umorismo sottostante al video, possedendo, quindi, la capacità di cogliere l’umorismo in un particolare contesto. 

L’umorismo è divenuto di recente oggetto di studio delle scienze psicologiche, secondo Giovannantonio Forabosco l’umorismo adempirebbe a diverse funzioni: esso è infatti un dispositivo per allentare tensioni e conflitti e risulta un fattore facilitante lo sviluppo e il consolidamento di relazioni sociali. Inoltre la risata avrebbe un effetto benefico sulla fisiologia della persona, in particola libera endorfine attraverso la contrazione di muscoli specie specifici.
Il “Ridere delle situazioni” costituisce un fattore protettivo contro effetti negativi di ansia, stress e depressione. 

A tal proposito Dixon (1980) è giunto ad affermare che la funzione primaria dell’umorismo sia proprio quella di tutelare la persona da alcuni aspetti stressanti della vita. Francescato (2002), a sua volta, ipotizza che “il riso negli esseri umani rappresenta una capacità evolutiva sostitutiva della risposta primaria adrenalinica agli stressors specifici che gli umani devono affrontare, rispetto agli animali di altre specie”.

Godendo dell’umorismo si potenzierebbe la capacità di trovare significati multipli e alternativi ad uno stimolo apparentemente minacciante. In tal modo, anche di fronte ad un evento stressante, l’abilità umoristica consentirebbe di analizzare campi complessi della situazione, cogliendo significati poliedrici e alternativi a quelli scoraggianti (Francescato 2002).
Perost nel 1989 sostiene che la generazione di umorismo, dinamica più completa della mera fruizione dello stesso, risulti salutare e terapeutica. 
Partendo da quanto sostenuto da Perost la proposta per tutti noi è quella di essere non solo gli “spettatori” dell’umorismo, ma di esserne promotori, cogliendo quanto di ironico può esistere in alcune situazioni difficili, al fine di affrontare la vita con una marcia in più. 

Bisogna tuttavia prestare attenzione a quanto asserito da Kuhlman (1988), ovvero che la naturalezza e la spontaneità sono elementi necessari affinchè l’umorismo sia realmente efficace ai fini del benessere personale.

Why so serious? Be positive!

RESILIENZA E BENESSERE PSICOLOGICO





“Una persona con disabilità ha mille e più ragioni      per essere arrabbiata con la vita e quando accade nessuno ha il diritto di biasimarla. Però, posso dire con certezza che io senza le gambe ho scoperto di poter fare più cose di quante ne servono a riempire il tempo a disposizione e sono certo che sia così per tutti…”








Alex Zanardi, intervistato da

“Il Giornale”(http://salute.ilgiornale.it/news/20981/--alex-sport-disabilit/1.html)



Tutti conoscono la storia di Alex Zanardi, ma quello che non tutti sanno è che quest’uomo rappresenta un esempio di ciò che nel campo della psicologia della salute e del benessere, viene definito RESILIENZA. 

Ma che cos’è e come può essere definita la “resilienza”?

Innanzitutto, il termine “resilienza” è una parola di etimologia latina che indica la proprietà di alcuni materiali di resistere agli urti senza rompersi. Nei paesi di lingua anglofona questo termine è frequentemente utilizzato, ma con una connotazione di tipo morale: è resiliente l’individuo che subito un trauma, lo assorbe, di conseguenza soffre, e infine reagisce positivamente e in modo costruttivo, riuscendo a rendere il trauma come una tappa del proprio percorso di crescita personale.

Secondo Froma Walsh in “La Resilienza famigliare”(2008), essa può essere definita come “la capacità di riprendersi e di uscire più forti e pieni di nuove risorse dalle avversità. È un processo attivo di resistenza oppure hardiness, ovvero di autoriparazione e di crescita in risposta alle crisi e alle difficoltà della vita”.

Quindi, nonostante l’handicap subito, l’ex pilota ha dimostrato e dimostra una grande capacità di accettare il proprio disagio, attraverso un riconoscimento dei propri limiti e punti deboli, reinventatosi una nuova vita, fissandosi dei nuovi obiettivi, e intraprendendo attività agonistiche per atleti con disabilità fisiche, conseguendo una notevole autoefficacia e benessere psicologico .  Alex Zanardi ha dunque tutte quelle caratteristiche atte a definirlo come resiliente.

Il suggerimento per tutti i nostri lettori è quello di  “prendere la vita di petto, senza mai tirarsi indietro, né arrendersi” dinanzi a tutti gli eventi traumatici e stressanti a cui essa ci mette alla prova.



sabato 21 febbraio 2015

CRESCITA PERSONALE





La crescita personale è quel processo di espansione dinamico e continuo nella vita di un individuo che vuole migliorarsi sempre di più, realizzando il proprio potenziale, affrontando nuove esperienze e mettendosi in gioco sempre al fine di non sperimentare un senso di stagnazione personale e di perseguire il benessere psicologico.

Concretamente la crescita personale altro non è che un processo d’arricchimento di noi stessi attraverso la continua ricerca di esperienze nuove e costruttive.

Esperire con successo o meno nuove situazioni come praticare windsurf, frequentare un nuovo corso di formazione, viaggiare oppure fare volontariato rappresenta un modo per sviluppare il nostro senso di autoefficacia.

Ma cos’è l’autoefficacia?


Bandura (1997,1999) la definisce come l’avere fiducia nelle proprie capacità di portare a termine un determinato comportamento e di raggiungere un risultato desiderato. Le persone con alta autoefficacia hanno aspirazioni più alte e sono più determinate nello sforzo di ottenere ciò che vogliono e in definitiva di raggiungere un successo rispetto a coloro che hanno bassa autoefficacia (Bandura, 1997,1999; Pajares, 2003).


Il suggerimento per tutti coloro che desiderano iniziare un processo di crescita personale è quello di vivere attivamente ricercando nuove esperienze, cosi da prendere coscienza delle proprie capacità e svilupparle al meglio. Ricollegandosi allo scopo di vita di cui si è già parlato, è importante porsi degli obiettivi da perseguire, ambire sempre ad un miglioramento della propria persona per non cadere in una predisposizione passiva nei riguardi della vita.



"Tutto ciò che occorre lo trovi
in te stesso."

Fun Chang

SCOPO DI VITA




"I meccanismi rotti mi rendono triste, non possono più fare quello che devono. Forse è lo stesso con le persone, se perdi il tuo scopo è come se fossi rotto"

Hugo Cabret




La frase di Hugo Cabret fa capire l’importanza che per noi ha, avere uno scopo di vita.
Avere degli obiettivi significativi, una direzione da seguire,  dei propositi è ciò a cui dovremmo tendere per raggiungere il benessere psicologico.


Secondo Ryff,  chi ha come fine di vita il perseguimento del piacere non troverà mai il vero benessere psicologico.


Trovare lo scopo della propria vita può essere un percorso pieno di ostacoli e avversità; tuttavia è un percorso che vale sempre la pena seguire fino in fondo, anche valutando il proprio passato in virtù della direzione presa.

Chi non ha uno scopo di vita, si sentirà inadeguato.

Il primo passo non è TROVARE il proprio scopo di vita, bensì ASCOLTARLO attraverso la propria coscienza. 

Dobbiamo fare ciò che realmente ci sentiamo di fare, non permettendo a nessuno di imporci la direzione da seguire.









DOMINIO SULL’AMBIENTE




Vi ritenete persone competenti nell’affrontare le vostre intemperie quotidiane?

Avete saputo cogliere le opportunità che il vostro territorio vi ha offerto per realizzare i vostri bisogni e valori?


Percepite di avere il controllo della situazione con cui vi confrontate?


Se avete risposto affermativamente a questi quesiti, potete ritenere di avere il DOMINIO SULL’AMBIENTE in cui vi trovate.


Tale dimensione si definisce come  la capacità di gestire ambienti complessi in funzione di valori e bisogni. 
Ha questa capacità l’individuo che percepisce un senso di padronanza e di competenza nel gestire l’ambiente, facendo fronte a una vasta gamma di attività e sfruttando le opportunità offerte dalle circostanze. Infine, l’individuo in questione è capace di scegliere o di creare gli ambienti più idonei ai propri valori e bisogni.

Nei giorni nostri, guardando le realtà familiari sempre più distaccate dal canonico modello matrimoniale composto da due genitori, notiamo come esistano sempre più famiglie composte da un solo genitore che deve pensare a tutte le esigenze dei propri figli, magari in condizioni economiche difficili.

Per un genitore  costretto a vivere in questa situazione e condizione, avere la capacità di gestire ambienti complessi, saper cogliere tutte le opportunità offerte è la conditio sine qua non per poter percepire il benessere psicologico.


La vita non è facile per nessuno, ma cerchiamo di non abbatterci mai davanti alle numerose richieste che ci presenta, cerchiamo sempre di prendere in mano la situazione, dimostriamo a noi stessi di avere il pieno controllo della nostra vita!

AUTONOMIA DI PENSIERO E DI AZIONE




Autonomia di pensiero e di azione e indipendenza?
Quale relazione intercorre tra questi tre elementi?

Oggi, nell’anno 2015, siamo ben oltre i 7 miliardi  di esseri umani abitanti su questo mondo. 
Miliardi di uomini dotati di un’autonomia di pensiero e di azione, laddove non vi sono limitazioni (Stati oppressivi, dittature, regimi totalitari). L’autonomia, nonché libertà di pensiero e di azione sono la massima espressione del libero arbitrio tanto caro ai cultori dell’Illuminismo. A riguardo, il noto filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) nel suo saggio “Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo” (1784) scrive: 

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. […] Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo intelletto!”.

Dunque, si è autonomi nel pensare quando si è in grado di discernere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è a prescindere dai condizionamenti ricevuti dalla famiglia, dalla tradizione, dalla religione, dall’ambiente socio-culturale, senza uniformarsi alla “massa”, avendo quindi la capacità di pensare in  modo divergente, non convenzionale; l’uomo dotato di queste caratteristiche di autonomia non è una “spugna” che assorbe tutto senza fare distinzioni, ma è in grado di comprendere quale informazioni, azioni, concetti sono universalmente “giusti” o “sbagliati”, “buoni” o “cattivi”, “belli” o “brutti” e così via.

In questo periodo storico e culturale, dove siamo “bombardati” da informazioni attraverso i media (tv, web, giornali), un soggetto autonomo nel pensiero e nell’azione dovrà saper resistere alle pressioni sociali che vengono dall’ambiente esterno, riuscendo a rimanere sempre coerente con il proprio punto di vista cercando, quindi, di non dipendere troppo dalle aspettative e dalle valutazioni degli altri.


Una  volta  che saremo arrivati ad essere veramente autonomi nel pensiero e nell’azione, senza chiaramente invadere la libertà/autonomia altrui, potremo considerarci INDIPENDENTI e soprattutto LIBERI.

venerdì 20 febbraio 2015

Perché vogliamo parlare di BENESSERE PSICOLOGICO?






Si è deciso di creare questo blog, concependolo come un’introduzione al benessere psicologico. Esso intende proprio fornire una mappa orientativa al campo della psicologia della salute con una visione ampia e articolata.

Il blog si rivolge a tutte quelle persone che desiderano migliorare la propria vita attraverso la presa di coscienza dei meccanismi sottostanti al benessere psicologico.
Definiamo il benessere psicologico, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS), come quello stato nel quale l'individuo è in grado di sfruttare le proprie capacità cognitive o emozionali per rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, adattandosi costruttivamente alle condizioni esterne e ai conflitti interni.

Il benessere psicologico è un costrutto complesso che comprende diverse dimensioni (psicologica, sociale, soggettiva) ed è chiaramente correlato al costrutto di salute.

In quest’accezione, seguendo la concezione dell’OMS, noi consideriamo la salute come promozione del benessere e delle risorse e non come assenza di malattia. 

È importantissima questa distinzione, poiché ci permette di guardare al nostro futuro con positività e con ottimismo. Diversamente da un’ottica strettamente ancorata al concetto di cura della patologia, il benessere psicologico si propone di accrescere in modo costruttivo e dinamico la nostra salute psicologica, in un’ottica di EMPOWERMENT, cioè di potenziamento delle nostre risorse.

La ricercatrice che più ha seguito e studiato il costrutto di benessere psicologico è Carol Ryff,  
dell’University of Wisconsin-Madison. La Ryff, nel 1989, ha teorizzato che il costrutto di benessere psicologico dipende da sei dimensioni che riguardano molteplici aspetti della nostra vita:


  1.  Auto - accettazione
  2.  Relazioni interpersonali positive
  3.  Autonomia
  4.  Crescita personale
  5.  Dominio sull’ambiente
  6.  Scopo di vita
Carol Ryff


Tratteremo ogni dimensione in post singoli facendo riferimento a situazioni della vita reale e quotidiana che ognuno di noi sta vivendo.
In seguito parleremo di altri approcci riguardanti il benessere psicologico e soggettivo.

Grazie per l’attenzione e l’interesse!

Lorenzo dell’Uva & Francesco Italiano



AUTO-ACCETTAZIONE





L’auto-accettazione è la prima dimensione del benessere psicologico, secondo Carol Ryff.
Avere un rapporto positivo verso sé stessi, accettare e quindi riconoscere ogni dimensione del proprio Sé, i propri pregi e i propri difetti, e non rifutando tutto ciò che si è fatto e stati nel passato, è la base per una corretta accettazione della propria persona nella sua globalità (aspetti psicologici, e aspetti fisici). 
Auto-accettarsi significa fare i conti con i momenti tristi e le scelte sbagliate della propria vita, facendone tesoro per la propria persona.

Quanti di noi, almeno una volta, si sono “odiati” guardandosi allo specchio, per un piccolo difetto fisico, oppure ripensando agli errori fatti, alle scelte sbagliate fatte in passato per sé stessi e/o per altre persone?

Tutti, chi più, chi meno.

A volte tendiamo a essere troppo critici con noi stessi, pretendiamo la perfezione, abbiamo paura di fare errori, alla prima critica ce la prendiamo più del dovuto, abbiamo sempre il bisogno di conferme per compensare la nostra insicurezza e per accettare la nostra persona e il nostro operato.
Ciò ci porterà in una spirale talmente stressante da rovinare le nostre relazioni interpersonali e la nostra produttività lavorativa.

Il primo passo verso il benessere psicologico è, quindi capire l’importanza di accettare se stessi. Fare questo passo è un prerequisito fondamentale per stare bene con se stessi e per favorire il miglioramento della qualità della vita, sia sul piano relazionale, che su quello lavorativo.



RELAZIONI INTERPERSONALI POSITIVE








Guardando questo esilarante video, possiamo rilevare quanto sia importante avere un gruppo di amici con il quale condividere momenti della propria vita. Che siano momenti positivi o negativi, avere relazioni interpersonali positive è una delle condizioni per percepire un buon benessere psicologico.
Creare legami stabili e duraturi nel tempo che siano di tipo sentimentale oppure amicale, oppure semplicemente, star bene con altre persone, è il passo successivo dello stare bene con sé stessi, quindi l’auto-accettazione.
Come scrisse il filosofo greco Aristotele (IV secolo A.C.) nella sua “Politica” , l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. 
Dal punto di vista evoluzionistico, Darwin affrontò la questione partendo dall’osservazione naturalistica di un branco di animali e notò che nella lotta per la vita ciascun animale sente il bisogno di stare vicino ai propri simili per poter ottenere aiuto e difesa. Da questo bisogno di protezione nasce un sentimento in ciascun animale che lo scienziato definisce “simpatia” per gli altri simili della sua specie.
Concludendo, l’essere umano è “animale sociale” perché la società in cui è inserito è la conditio sine qua non per l’esplicitazione della propria personalità.